Natalie Diaz, Manhattan è una parola in Lenape

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Manhattan è una parola in Lenape

(Manhattan is a Lenape Word)

NatALIE DIAZ


È dicembre, dobbiamo avere coraggio.

La rosa di luce dell’ambulanza
fiorisce contro la finestra.
Il monotono grido della sirena: Aiutami.
Un’ombra rosso seta che si muove come acqua
attraverso il frutteto della sua coscia.

Ed eccola – leone nella verde notte.
Ne addormento le api con la mia bocca di fumo,
traggo miele con le mani punte e addolcite
dallo scuro alveare del suo petto.
Dal divoratore io divoro. Significa:
Lei è mia, colonia.

Le cose che io so non sono facili:
sono l’unica Nativa Americana
all’ottavo piano di questo hotel, o di qualunque altro,
l’unica che guardi fuori da una qualche finestra
di un palazzo fine secolo a Manhattan. 

Manhattan è una parola in Lenape.
Anche un orologio va caricato.
Come può un secolo finire, un cuore volgersi,
se non c’è mai nessuno che domanda: Dove sono andati
tutti i Nativi?
Se tu sei dove sei, dov’è chi non è qui?
Non qui. Ecco perché in questa città
ho molte amanti.
Tutti i miei amori sono di riparazione.

Cos’è la solitudine se non un’inimmaginabile
luce, misurata in lumen?
Una bolletta elettrica ancora da pagare,
un taxi che galleggia lungo tre corsie
con l’insegna accesa, oro
còlto nell’atto di desiderare.
Alle due del mattino, ognuno a New York City
è vuoto e in cerca di qualcuno.

Ancora quell’ampio tono di sirena:
Aiutami. Significa: Ho un dono ed è il mio corpo,
fatto di due mani, di dèi e bronzo.

Dice: mi fai sentire
come un fulmine
. Dico: mai e poi mai
vorrei farti sentire così bianca
.
Troppo tardi – non smetto di guardarle le ossa.
Conto i carpi, i metacarpi
della sua mano mentre lei mi è dentro.
Un osso, il semilunare, deve il nome
al suo profilo crescente – lunatus, luna.
Certe notti lei mi sorge dentro così,
come un tormento – un lento flusso luminoso.

Il lampione richiama il solitario
coyote errante per la ventinovesima ovest
offrendogli il suo lungo raggio di luce.
Il coyote risponde sollevando la testa
e ululando alle stelle.

Da qualche parte, lontano da New York,
un drone americano localizza
e ama un corpo – il nettare radioso che cercava
nella grande oscurità – ne fa
un’unità di luce, e delicatamente
brucia con lui – un tocco d’America,
un calore insopportabile.

Il canto di sirena torna in me.
Lo canto attraverso la sua gola: 
Sono quello che amo? È questo il mondo scintillante
che imploravo di avere?
_______

Note:
– i Lenape (chiamati Delaware dagli Europei) abitavano una regione più o meno corrispondente all’odierna Pennsylvania;
– «Ed eccola (…) Dal divoratore io divoro»: il riferimento è all’episodio biblico di Sansone e il leone (Giudici, 14:5-14);
– «candela»: candle-hour dovrebbe essere, nella fotonica, l’unità di luce espressa da una candela che brucia per un’ora. Perdo l’immagine della candela ma preferisco mantenere il senso.


English version (original poem) on poets.org © Natalie Diaz 2020. All rights reserved.
Questa traduzione / this translation: Roberto R. Corsi – CC BY-NC-ND 4.0


POSTILLA: Sono rimasto affascinato e ho rivisto a più riprese i miei tentativi di traduzione di questa poesia di Natalie Diaz sin da quando i versi comparvero sul lit-portal Lenny Letter, a fine 2016. Adesso la poesia Manhattan Is A Lenape Word è stata inclusa nel nuovo libro Postcolonial Love Poem (Graywolf Press, 2020) ed è stata riproposta su poets.org. È venuta meno l’ubicazione in testa alla poesia, e comunque mi sono mosso alla ennesima revisione del testo.
Ciò che più mi colpisce in Diaz è che scrive con immaginifica complessità e notevole dimestichezza di movimento tra riferimenti e significati comuni (episodi biblici, aggressività “coloniale”). E alla questione delle proprie radici unisce una grande forza nella rappresentazione del sesso. Formalmente, spiccano i continui rimandi tematici e la ricorrenza allitterante della iniziale elle (lumen, love, lunatus, luna, light, loneliness, Lenape etc.).
Tra le voci più apprezzate della poesia americana contemporanea sin dalla raccolta di esordio (When my Brother was an Atzec), Natalie Diaz (1978) è Nativa Mojave, attivista per la valorizzazione della cultura e patrimonio linguistico Nativo, docente universitaria. È stata anche una campionessa di basket a livello internazionale. Vive a Phoenix. Postcolonial Love Poem ha vinto il Pulitzer per la Poesia.