Tre satire (inedite)

Bjørn KROGSTAD (1943-), Dyret undersøkes (L’animale esaminato), 1977-2002, (Bjørn Krogstad, Norwegian artist, CC BY-SA 3.0, attraverso Wikimedia Commons)

Tre satire


Alla fine del massaggio cinese fioriva sulla schiena un viraggio maionese
Di sudore e di grasso, accenno di sapone, missiva del maiale interiore.
Il Lao Shi, dolce Maestro del bicchiere mezzo pieno, tergendo con un panno
Quell’indecenza, mi diceva: è Yin Qi, energia negativa che ti lascia.
Quest’anno finalmente me ne vado dalla casa trentennale
Che avrei voluto amare, ma il Yin Qi futurista, veemente più che mai,
Gonfia finestre e muri, in forma di furioso edile, di stradale sovracuto,
Di liceali ormonali, di trappole trap. Ha portato persino altri amici
All’insonnia: l’ammanco ai quattro semi, l’ansia del lentissimo congedo,
La fallacia del desiderio. Mi abbandonerà nella nuova dimora?
O forse è un portato del karma, ove si giunga a credere che ogni mia ricchezza, in fondo,
Sia stata reperita con bugie, arroganza, ossequio ai potenti, raggiro agli umili?
In questo caso il male non trasuderà mai per intero.


Ci saremmo divertiti, Wilma, o perlomeno ci saremmo messi
A guardarci, sfidarci a chi fa meglio la smorfia del tre di briscola,
Per consolarci fronte a questo reading di poesie orripilanti ovviamente applauditissime,
Glorificate dal traduttore – inglese? anglo-aretino! – che ce le spruzza sui timpani,
Fonemi assurdi di gatto in astinenza, di Tiresia operistico.
Dove vuoi che finiamo, se non in ridicolo necrotico costipato oblio?
Esco alla strada e per davvero spira un vuoto affollato,
Senza la tua intelligenza conoscenza consonanza
Appare tutto inutile, compreso andare a cene, fare amori,
Cambiar case, buttar giù stanze e stanze, mandarle a editoroni
Ovvero editorini, o meglio lasciar stare. Qualcuno doveva bloccarmi
Venti anni fa. Qualcuno doveva leggerti Cioran
Dodici anni fa. La parola finale: fatiscenza, che una dorata danubiana
Rimira poi sprezza sull’esplosione dei polpacci fasciati dai legging.


Avrebbe avuto senso sbarrarci il passo in quel locale di grido,
Ornato di avvenenza, fresche statue come di rado ne vedi.
Noialtri: vecchi, grassi, dolicocefali, incolti malvestiti. Campagnoli capodogli a un tavolino:
Gli avventori ci avranno creduto vittoriosi a una riffa di carità.
Ma già salutiamo gli amici e danziamo la merda dei cani sul lastricato verso casa.
Prima di cena avevi rispolverato un dado, su ogni faccia una postura
Per copulare, ma a mezzanotte e zeroquattro sei cotta, per onore di ruolo
Ti ho appena schiaffeggiato un gluteo col pene – azzardiamo – semirigido
Pregando in silenzio di non dover performare; per fortuna già russi sul letto a pancia in giù:
Un parallelepipedo. Poco dopo scalci perché son io a ronfare,
Rantolo un vaffanculo e m’infogno alla meglio sul divano sotto un plaid,
Ciondolando su pagine di Huxley: Il sorriso 
Della Gioconda a questi splendori di mezza età,
Glosserebbe Paco d’Alcatraz, è paresi d’ogni rinascimento.

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(marzo 2018)