Gaia Favaro, tre poesie

Édouard VUILLARD, L’interno verde (figura di fronte a una finestra con le tende tirate), 1891, NY: MET (Édouard Vuillard, Public domain, via Wikimedia Commons)

Gaia Favaro è un’apprezzata scrittrice – da ultimo, con Gianfranco Vitti, il graphic novel Montmartre. Altri progetti importanti, di docenza e scrittura, sono in corso.
Io ho a che fare con la sua poesia da diversi anni, “clandestinamente” (diciamo così), per via di quelle belle amicizie che nascono, credo, per un senso d’istintiva, improvvisa fiducia reciproca. Da novembre 2020, Gaia ha iniziato spontaneamente e senza preavviso a leggermi le sue poesie, a mandarmi i vocali in chat. Questo abbassarsi delle difese è una cosa meravigliosa che può essere a buon diritto opposta al luogo comune dell’internet come vaso di Pandora. Ben presto – incorporea e benevola come la luce verde di Vuillard che protegge il folle, il solitario – la voce di Gaia ha pervaso la mia stanza. Ho ricevuto, in tutto questo tempo, assai più di quanto ho dato, però spero di averla incoraggiata almeno un minimo, perché trovo che i suoi versi abbiano valore. Oltretutto, pur essendo e restando un amante più della lettura che della performance, mi convinco che il suo è uno dei casi in cui la poesia si giova tantissimo della voce. Quando leggo i versi di Gaia su foglio, avrei un (solo) consiglio da editor per lei; quando invece sento la sua bellissima voce (e chi dice il contrario mi declini in privato cosa assume: ho un costante fabbisogno lisergico) ogni riserva cade. Tutto torna.


Alcuni fondamenti della poesia di Gaia sono l’andamento di ballata, il ricorso agli elementi del fiabesco e del circense (in una poesia che mi ha mandato c’è una locuzione bellissima che non spoilero, perché gliela consiglierò come titolo), o del sacro come diversivo del (vero sacro che è nel) profano. Tutto ciò fa da cornice a una poesia volta per volta intimista, relazionale, caustica. Condotta con passo sicuro – mediante evidente musicalità, uso delle paronomasie, delle rime etc.
Nella poesia di Favaro, la parola è nuda. Circola immune a divieti d’accesso, senza atti di dolore. Priva di ogni diplomazia. Four letter word e luoghi classici procedono a braccetto, con stesso tono, stessa naturalezza. Facendo a pezzi la glassa indigesta delle convenienze e inconvenienze poetiche. Gaia ci richiama all’ordine: c’è un solo registro, il resto è pubblica virtù.


Col consenso dell’A., condivido con voi tre registrazioni – una per ogni anno 2020-2022 – così come mi son giunte. E aspetto con fiducia un intero [audio-]libro, mediante un editore lungimirante, ove ancora previsto.

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