Maria Pia Moschini, sei racconti brevi

Una AI rendition in stile Magritte ispirata dal racconto breve Lacrime di Maria Pia Moschini (prompt mio, generato da MS Designer).

Distratto e anacoreta come sono, ho appreso solo l’antivigilia di Natale che il 31 ottobre scorso ci ha lasciato Maria Pia Moschini. Altra “Maestra naturale” (cit.) che diviene Nume tutelare, dopo Alberta Bigagli e Liliana Ugolini; altro talento di scrittura che, fuggendo ogni alterigia caratteriale, si mescolava con delicatezza, trasparenza e umanità. Maria Pia eccelleva in tutti i generi, ha scritto notevoli poesie, ma io vado in solluchero per la sua verve nella prosa breve, talora brevissima, quasi sempre – se mi è concesso un ossimoro che trovo calzante – “candidamente noir (forse, di tutti i giorni per prendere congedo, avrebbe scelto lei per prima quello di Halloween!). Noir ma non solo: ormai lustri fa, per esempio, sono stato invitato dalle squisite Mariella Bettarini e Gabriella Maleti ad assistere a una riunione redazionale de L’Area di Broca, rivista letteraria colla quale Maria Pia ha collaborato per oltre un ventennio; bene, ne sono uscito in brodo di giuggiole quando lei ci ha letto, d’emblée, un inedito “sanfredianino” – lo avresti detto pratoliniano per la frugale perfezione; addirittura rinfrescante, in quel pomeriggio canicolare. Detto questo, come sempre, il modo migliore per onorare chi parte è leggerne l’opera. Abbiamo fortuna, perché l’entry level è immediatamente a disposizione: puoi leggere in free RTF un’ampia raccolta poetica, Bataclan (edita da Gazebo Edizioni); e puoi accedere, mediante la teca digitale della rivista, ai contributi in prosa e poesia (1996-2022) di Maria Pia per L’Area di Broca. Ma, se accetti una dritta, cerca anche i volumi di prosa breve… Qui la scheda di autorità SBN: attraverso i documenti collegati si accede alle pubblicazioni presenti in biblioteca.
Grazie, amica e Maestra, ovunque tu sia (parte del tuo ricordo d’ora in poi sarà in… Madagascar! ma questa è un’altra storia).


Pubblico qui di seguito sei racconti di Maria Pia Moschini (due brevi e quattro brevissimi) che, non avendo qui con me i libri, ho tratto dall’account FB in cui lei stessa li ha riproposti negli ultimi anni. Mi scuso per non poterli collocare per volume e ordine, e mi scuso altresì per eventuali difformità, soprattutto di “a capo”, rispetto al testo stampato (tieni presente che spesso i noir di Maria Pia stanno «in cinque righe» a stampa, come da titolo e contenuto del volume dedicatole nel 2015 da Morgana Edizioni).
Nota legale: il copyright dei testi qui sotto è delle/degli eredi di Maria Pia Moschini e/o degli Editori che hanno pubblicato i racconti. Riproduzione “fair use”, cioè intesa unicamente per finalità non commerciali di divulgazione e studio. Resto a disposizione degli aventi diritto per la pronta rimozione dei contenuti in caso di violazioni (la mia email è indicata all’interno della privacy policy, a questo link).


CIOCCOLATA

Il maître chocolatier lesse il referto con una calma assoluta: il suo io segreto sapeva. 
Pochi mesi di vita. Due, tre? La cucina cambiò tonalità come se gli acciai sfavillanti, i marmi candidi venissero avvolti da un pulviscolo oscuro. Nella mente i pensieri cominciarono a vorticare, velocissimi. Doveva essere un addio speciale, memorabile.
Il giorno seguente chiese al suo aiutante, che aveva designato come successore, di costruire su di lui una maschera funebre di cioccolato. Non fu una cosa semplice ma con i dovuti accorgimenti l’esperimento riuscì. Il segreto doveva rimanere assoluto… la maschera fu riprodotta in cento esemplari… la condizione era che i partecipanti al funerale dovessero indossarla durante la cerimonia d’addio. Perché la parte interna non si squagliasse era stata foderata con una sostanza isolante, una sorta di resina resistente al calore intrisa di un ingrediente misterioso.
Dopo circa un mese l’evento ebbe luogo fra la costernazione generale. Al funerale gli invitati apposero la maschera sui loro volti abbastanza divertiti anche se in preda a una specie di sconcerto. La scena, ripresa da una televisione locale, apparve suggestiva, originalissima. Presto però gli ospiti cominciarono ad accasciarsi silenziosamente. Non fu una semplice perdita di conoscenza: la resina conteneva un veleno potentissimo che a contatto con la pelle diveniva letale. Il maître chocolatier soffriva di solitudine, il suo terrore era quello di affrontare l’ultimo viaggio senza i suoi adepti. Tutti insieme ancora una volta in un grande sogno collettivo. 
Fondente, naturalmente.



PER ACQUA

Fissando l’acquario fluorescente vide se stesso piccolissimo intento a nuotare disordinatamente, annaspando. Poi l’inabissamento sul fondo fra le magiche alghe fluttuanti.
Cadde all’indietro sul pavimento di mattonelle azzurre, lucide.
La diagnosi: morte per annegamento.



OCCHIALI

La ragazza si avvicinò a Leda e le donò un paio di occhiali.
Quella sera, a letto, la donna li usò per iniziare a leggere un nuovo libro ma questi evidenziavano una sola parola, per ogni pagina, enorme, in grassetto. La prima era Via, la seconda Subito, la terza Lontano.
Corse nel parco mentre la casa esplodeva, gli occhiali ancora sul naso, vibranti, magnetici.


L’AFFICHE

Comperò l’affiche quando cominciò a soffrire di angustia per gli spazi occlusivi di quell’appartamento in città. Sognava tavolate all’aperto, amici, un cane, lucciole, fili di erba fra i capelli, il rumore dei bicchieri nei brindisi festosi.
L’affiche raffigurava una tavola apparecchiata, in Provenza. Vino bianco ghiacciato, pane di tutte le forme, fiori. Sullo sfondo una casa délabré, un muretto di mattoni antichi, vasi e vasi di lavanda.
Appese l’immagine come un varco sopra la porta della cucina, un piccolo vano sottile come una lama e fu proprio da quei coltelli della tavola imbandita, fittizia, lassù in alto, che fu colpita al collo, alle mani. Sei coltelli lanciati da commensali fantasma, tutti dotati di buona mira. Sei coltelli a lama Solingen antichi, taglientissimi, che nessuno aveva mai visto prima.
Ma nessuno chi? Veronica aveva scelto l’isolamento per sognare una casa in Provenza, una tavola apparecchiata, brindisi festosi con gli amici, un’altra vita. Un altro mondo?


LACRIME

La lacrima rotolò giù dall’occhio destro e cominciò a ingrandirsi fino a diventare un globo vitreo che inghiottì David.
Immerso nel liquido salino si sentì perduto e per uno strano istinto di sopravvivenza iniziò a bere a piccoli sorsi la sostanza liquida fino a ridurre a zero l’involucro.
Aveva bevuto tutte le lacrime della sua vita.


GIARDINO

Quando fu operato agli occhi rivide il mondo qual era. Definito, perfetto. Notò allora la macchia d’umido sul muro del salottino, sfrangiata come una foglia di platano. La toccò delicatamente seguendone i contorni…
Prima il dito indice, poi tutta la mano vennero assorbiti dall’immagine e Franz toccò il tronco di un albero fantasma.
Aveva sempre desiderato un giardino.