Sanguineti alla Leopolda (2006)

Uno scorcio interno della Leopolda (Assianir, CC BY-SA 3.0, attraverso Wikimedia Commons).

Dagli archivi del blog “musicale” recupero e arricchisco anche gli appunti (presi a mano “in diretta”, lievemente riveduti) di una serata nata in modo quasi casuale e divenuta indimenticabile. Era il 16 maggio 2006, io ero ancora nel dilemma della realizzazione del mio primo libro (editing e molti rinvii forzati si son presi tutto quell’anno solare). Da tempo non collaboravo più con un quotidiano locale, però mi era rimasta la cazzimma (oggi del tutto scomparsa) di presentarmi agli eventi, se non come inviato, almeno come divulgatore culturale. Così feci, avuta notizia dell’evento poetico e musicale alla Stazione Leopolda. E una gentile addetta alla sala mi posizionò in una clamorosa prima fila. L’evento, come state per leggere, coinvolgeva Edoardo Sanguineti, Tempo Reale, Sandro Lombardi e, coi suoi performer, Laborintus II di Luciano Berio (ossia il risultato del lavoro con Sanguineti stesso). Ammetto candidamente che, nella fase di acuta classicofilia in cui mi trovavo, mi spinse a esserci più l’esecuzione musicale che la presenza del Poeta (di cui oltretutto veniva preannunciata testualmente una [l’ennesima in città]  “lezione Dantesca”, quando poi la sua lectio si è provvidamente rivelata ben più originale e legata al lavoro con Berio). Oltretutto avevo un’ottima edizione in cd di Laborintus II, che ascoltavo spesso e con gusto: volevo appurare anche dal vivo. Col tempo, la figura di Sanguineti ha preso ovviamente in me lo spazio che si merita, e ringrazio spesso la sorte felice che mi ha portato a due metri da un tale Maestro, destinato purtroppo a lasciarci di lì a pochi anni. 
Buona lettura.

Nota: integro gli appunti con pochi rimandi al testo integrale, che trovate in questa pagina.


Ciò che mi ha colpito della evocazione memoriale (così lui stesso ha definito l’incontro, tutt’altro che la “lezione dantesca” ventilata dalle brochure) che Edoardo Sanguineti ha fatto delle circostanze e delle tematiche di Laborintus II, intervenendo prima del concerto, è stato l’ossimoro tra l’aura pacata, la loquela bonaria del poeta e la fierezza del lavoro iconoclasta e politico su Dante sfociato nel libretto. Erano tempi diversi, era il 1965, e lo sforzo creativo era volto a demistificare il Sommo dalla sua patina eterea, rendendolo “da lirico e statico, romanziere realista e teatrale”. Lo stesso progetto fu inizialmente pensato, per la Biennale del 1963, come balletto (dal titolo Esposizione) proprio a sottolineare la teatralità di Dante.
L’attenzione era non tanto per la terminologia e la metafora dantesca, ma per la struttura della Commedia, intesa come sostanza drammatica e politica. La rappresentazione divina è funzionale e parallela al messaggio moralizzatore: da non sottovalutare – aggiungevo tra me e me – come i personaggi della Commedia siano tutti riconducibili ad una realtà territoriale piuttosto ristretta, e, quando non è così, a un messaggio politico religioso direttamente incidente su questa.
Dante è visto senza mezzi termini come un reazionario, dal Veltro in poi i simboli li sapete anche voi, e il parallelismo Dio-Impero è evidente. Ma anche tematiche “innestate su Dante” come il famoso with usura, preso dai versi di Ezra Pound (cfr. 47-48), non devono essere qui sublimate (come pensavo io) come corruzione del tempo universale, bensì – seguendo fedelmente i Cantos – come pratica economica immorale (del tempo passato-presente), e a sua volta corruzione, ma umana.
Tuttavia il medesimo messaggio politico affonda dentro una congerie di elementi.
Berio stesso, nella sua Prefazione, evidenziava che il tema ricorrente è quello del catalogo, inteso come tendenza onnivora e cieca del soggetto (cfr. 16 ss. e 50 ss.: «tutto tutto tutto tutto!»*), e della “visione” e “memoria” dantesca come vettoriali al catalogo stesso. Sanguineti lo ribadisce: Dante non è solo la Commedia ma anche la Vita Nova, da cui traggono origine le sequenze oniriche. E il Convivio, da cui invece è estrapolato, quasi in coda all’opera e con un filo di editing, lo splendido passo

La Musica è tutta relativa, comme si vede ne le parole armonizzate e nei canti: tanto più dolce armonia resulta, quanto più la relazione è bella: perché massimamente in essa s’intende: la Musica trae a sé gli spiriti umani, che sono quasi principalmente vapori de cuore, sì che quasi cessano da ogni operazione: sì è l’anima intera, quando l’ode, e la virtù di tutti quasi corre a lo spirito sensibile, che riceve lo suono:

(117-127; cfr. Dante, Cv., II, XIII, 23-24)

Il che ci apre a un’altra suggestione del Poeta, cioè la ricerca continua, lungo il testo, dell’ambiguità del senso, insinuando una “relatività” (molto in tema a manifesto della nuova musica) accanto alla, opposta se volete, “relazionalità” intervallare che intendeva Dante. Pensata con in mente il dipanarsi di Purgatorio II, ovvero il canto di Casella.
Altre fonti notevoli cui si attinge sono le Etimologie di Isidoro di Siviglia (catalogo di persone per eccellenza), Eliot…

Quanto invece all’apporto del Poeta, esso è diffuso e autoreferenziale, nel senso che vengono utilizzate anche parti di liriche sanguinetiane precedenti. La più impressionante è la chiusa, presa da Purgatorio de l’Inferno (titolo a sua volta d’après Giordano Bruno). A voler significare, chiosa Sanguineti prima che le luci si spengano, che il Paradiso non esiste.


Fin qui la lezione del Poeta. È seguita poi l’esecuzione integrale dell’opera, che mi ha consentito di evincere particolari interpretativi ed esecutivi non sospettati. L’interpretazione di TempoReale, timbricamente lussureggiante, mi ha colpito soprattutto per ciò che non si può cogliere in disco: cioè che ogni musicista è chiamato a più “strumenti”. Il percussionista è anche vocalista; reciprocamente, le soliste di Synergy Vocals hanno in mano due stick percussivi. Mirabili e ben chiare poi le sezioni jazz e scat, che emergono nitidamente rispetto alla nebbia di certe incisioni. Uniche pecche: forse troppa francofonia d’accenti in alcune parti della performance de L’homme armé, e soprattutto, rispetto a tante altre occasioni di mia ammirazione incondizionata per lui, la forte impostazione recitativa scelta da Sandro Lombardi mi è parsa fuori luogo, quasi uno scoglio nel mare montante e nel fluire della prosa e della musica.

Comunque una serata indimenticabile, che porta un ultimo spunto: lo spazio della Leopolda era stracolmo, l’età media era 30 anni! La partitura, non certo piana e tonale, è stata ascoltata per l’intera mezz’ora senza un fiato (accanto allo scrivente, che era in giacca e camicia d’ordinanza, una statuaria alt-girl, platinata e doviziosa di tatuaggi e piercing: l’avresti pensata attratta da ben altri generi musicali, invece era totalmente rapita). Al termine, applausi e ben sei chiamate sul palcoscenico. Questo ci deve portare a riconsiderare ciò che sbrigativamente si dice della musica contemporanea, che almeno in questo caso ha dimostrato di poter generare eventi di successo ben sotto il mio consueto parterre teatrale di mezza età e oltre; complice, di sicuro, l’interazione dal vivo con chi ne ha forgiato la poetica.


*POSTILLA 2019: chissà perché, quel tutto tutto tutto tutto è divenuto nella mia testa voglio tutto tutto tutto; forse per “attrazione Balestriniana”. Di certo mi ha fatto fare la figura dell’impreparato con una studiosa piuttosto desiderabile.